INFORMATIVA AI SENSI DELLA LEGGE N.124 DEL 04/08/2017 - ESENTI EX COMMA 127

Il 4 novembre del 1918, alle ore 18, il bollettino della Vittoria annunciava la resa dell’Impero Austro Ungarico all’Italia. Il 4 novembre è commemorato nel nostro Paese come il giorno delle Forze Armate, per ricordare e onorare il sacrificio e il coraggio di tanti militari italiani in quella carneficina che fu la prima guerra mondiale. L’Italia è nata nelle trincee del ’15-’18.
Il 4 novembre è anche la giornata dell’Unità d’Italia, perché, come ha ricordato il Presidente Sergio Mattarella, in questa data “si riassumono i valori di una identità nazionale lungamente perseguita dai popoli d’Italia con le aspirazioni risorgimentali e con i grandi sacrifici compiuti dal popolo italiano nella prima guerra mondiale”. Non è un caso che questa ricorrenza abbia attraversato i decenni della storia italiana, dal 1919 ad oggi, dall’Italia liberale che uscita dalla guerra doveva fronteggiare una mortale influenza chiamata Spagnola, fino a questa nostra Italia, anch’essa ferita e impaurita da una pandemia.
Mentre una luce tricolore illumina il campanile di San Giorgio, oggi abbiamo celebrato l'Unità nazionale e reso omaggio a Caduti al Parco della Rimembranza, in Piazza Duomo e al Cimitero di Airali.
La prima guerra mondiale fu un evento di proporzioni mai conosciute dall’umanità, per l’estensione territoriale degli scontri, il coinvolgimento delle popolazioni civili, le mobilitazioni di truppe e apparati industriali, le applicazioni su vasta scala di innovazioni tecnologiche di uso belli-co. Il mondo non sarebbe più stato lo stesso. La grande guerra distrusse un’intera generazione. Otto milioni e mezzo di morti. E tra questi 650 mila italiani. Venti milioni di feriti gravi e mutilati, tra questi 1 milione di italiani. A prendersi cura di loro c’erano migliaia di infermiere volontarie, le chiamavano gli “angeli degli ospedali”. Anche questo ci riporta ai nostri tristi giorni, alla lotta che si combatte nelle rianimazioni dei nostri ospedali. Le donne curarono i soldati e sostituirono sul lavoro i mariti e i fratelli chiamati al fronte. Donne come Maria Bergamas, la mamma del Milite Ignoto. Suo figlio, Antonio, non aveva fatto ritorno. Le fu chiesto, nella basilica di Aquileia, davanti a 10 bare (n.d.r. le bare erano 11), di abbracciarne una per indicare in quella bara le migliaia di giovani caduti. Quella bara venne caricata su un treno per Roma, ad ogni fermata migliaia di persone salutavano quella salma riconoscendo in quel milite ignoto un padre, un fratello, un marito perso per sempre. Condividendo quel dolore gli italiani capirono cosa significa essere un Paese, essere parte di una comunità unita. Gli stessi sentimenti che abbiamo provato di fronte ad altra bare, quelle che abbiamo visto attraversare Bergamo accompagnate dai nostri militari.
I nostri militari: dobbiamo essere grati e orgogliosi per i compiti che ieri come oggi continuano a svolgere, con professionalità e umanità. Nelle missioni internazionali di pace, nel contrasto al terrorismo internazionale, nel Mediterraneo dove la nostra Marina soccorre migliaia di disperati, in tutti i luoghi dove si verificano terremoti e alluvioni. Un secolo fa combattevamo una guerra, oggi le nostre Forze armate contribuiscono a costruire e mantenere la pace.
Il mio ringraziamento va alle soldatesse e ai soldati, per il loro impegno che è garanzia dei valori della democrazia, e alle Associazioni d’Arma che con la loro testimonianza costituiscono un presidio della memoria, ricordando alle nuove generazioni che cos’è l’orrore della guerra e che libertà e pace non sono un qualcosa di scontato, ma conquiste da difendere ogni giorno.